L’architettura è una delle arti più antiche del mondo, dalla grotta dove l’uomo primitivo andava a rifugiarsi, alle prime capanne costruite con elementi che metteva a disposizione la natura, fino alle architetture dei giorni nostri, fatte di vetro, acciaio, calcestruzzo e rivestite di materiali compositi sempre più evoluti e sofisticati. Il comune denominatore di questa istintiva e a volte anche inconscia ricerca è lo spazio. Spazio che è concepito sempre come un insieme di luci e ombre, di superfici che si intersecano tra loro, attraverso piani ortogonali ma anche inclinati, di materiali che possono essere lisci, rugosi, caldi o freddi.

Generare uno spazio è una delle più intime ambizioni dell’uomo. Attraverso questo processo, le forze provenienti dalla natura vengono in qualche modo domate, filtrate, rese più docili. L’uomo è in grado di proteggersi e di trarre piacere da un ambiente artificiale da lui stesso costruito. Lo spazio compiuto e funzionante è quello che l’uomo ha chiamato casa: ovvero un luogo di cui lui stesso si sente padrone, e viene protetto, perchè sente che è artefice del successo che questo spazio gli porta. In esso può mangiare senza avvertire nè freddo nè caldo, può dormire, può avere una socialità felice assieme ai propri cari.
La casa quindi in prima istanza assolve a delle necessità strettamente funzionali. Queste funzioni sono di tipo prevalentemente personale, anche se non tutto quello di cui abbiamo bisogno per noi stessi dovrà necessariamente svolgersi all’interno del proprio ambiente domestico.
Esistono alcune funzioni, mettiamo ad esempio pregare, che l’uomo ha deciso di solito storicamente di condividerle con altri e di svolgerle in luoghi condivisi, e in casi più rari  privatamente (costruirsi ad esempio una cappella privata).
Anche nelle società più antiche quindi i vari spazi necessitano una differenziazione per adempiere tipi differenti di servizi, cosa che porta l’uomo a capire l’importanza delle dimensioni, delle altezze e delle forme stesse. Si creano quindi nei villaggi antichi una moltitudine di edifici ognuno dei quali è destinato ad assolvere alcune di queste funzioni. Con l’acquisizione di questa consapevolezza, ma anche della capacità di saper differenziare, nasce in sostanza la città: ovvero un insieme di edifici atti ad assolvere in modo efficiente quante più funzioni possibili per ogni singolo individuo.
E’ con questi presupposti che l’uomo oltre a scoprirsi architetto, diviene anche urbanista, ovvero cerca di capire in quale modo i vari edifici possano interagire nel modo più proficuo possibile nell’interesse di un singola comunità di individui esemplificata poi dalla città stessa.

Un altro passo fondamentale che dovette raggiungere la società antica, è la consapevolezza della differenza tra spazio pubblico e  spazio privato. Se immaginiamo a come si doveva svolgere la vita all’interno delle caverne, può essere che più individui anche non legati da vincoli stretti di parentela vivessero nel medesimo spazio, all’interno del quale potevano svolgere una grande quantità di funzioni, mangiare, radersi, fabbricare oggetti, dialogare, come se la loro città fosse la caverna stessa. Da essa si allontanavano per cacciare, andare a prendere l’acqua e fare cose che tutt’ora in tutto o in parte possono svolgersi al di fuori del nucleo abitato.

Nella testa dell’uomo più o meno consapevolmente vi è sempre stata una distinzione tra quello che potesse appartenere al singolo, a tutta la comunità o alcuni nuclei di essa. Ed è questo uno degli elementi fondamentali delle sviluppo di qualsiasi aggregato urbano sia storicamente sia oggi.

Quello che cambia nel tempo sono soprattutto i valori e la complessità delle relazioni che l’uomo ha, il suo evolversi produce anche un modificarsi delle città stesse e delle proprie funzioni, e una scala di priorità tra gli edifici. Questo continuo mutare delle esigenze, voglie a anche ambizioni dei singoli individui fa sì che essi stessi abbiano una necessità, ma anche piacere continuo di trasformare il grande organismo composito nel quale vivono.

La città  può essere vista quindi come una sorta di organismo vitale, in continuo divenire, che può nascere crescere e in taluni casi anche morire. La stratificazione delle epoche al di sopra della medesima area è una delle esperienze più esaltanti che possiamo vivere nell’osservare le città di oggi. L’uomo tocca afferra modifica talvolta distrugge, quello che ritiene più opportuno, facendolo, inconsapevolmente, lascia tracce dei suoi errori del suo passato e delle sue trasformazioni, e così la città diviene come una grande sedimentazione di elementi, di stili, di tentativi, di passaggi storici disastrosi o gloriosi, di testimonianze altrimenti sbiadite.